A vite
Andrapetecate assè
a vite du crestiane,
nu fuscia fusce
a ci cchjù alleste,
vule com'a nu viende
setecanne suenne.
Mu nu priesce jind'o core
i doppe nu chiande
ca strenge anganne.
June fatije
a setecasciurge(1)
pe nnu chichele de pane
e na cepodde pe spengeture,
n'ate assettate a case
jave pure u cumbanateche.
A vendra chjene mene casce
disce nu pruverbije
ma a vendra vacande
sone com'a nnu tammurre
e te fasce dulì
pure le medodde.
Pino Santoro
La vita
Complicata assai
la vita dell'uomo,
un fuggi fuggi
a chi più accaparra,
vola come il vento
inseguendo sogni.
Ora una gioia nel cuore
e poi un pianto
che stringe la gola.
Uno lavora
a inseguitopo (1)
per un tozzo di pane
e una cipolla per spingitoio,
un altro seduto a casa
ha pure il companatico.
La pancia piena tira calci
dice un proverbio
ma la pancia vuota
suona come un tamburo
e ti fa dolere pure il midollo.
Ho voluto scrivere questa poesia dialettale con il sistema di Pietro Gatti anche per fare un omaggio al nostro poeta che più ci rappresenta.
(1) setecasciurge (inseguitopo) era un modo di zappare la terra dove diversi zappatori portavano avanti ,affiancati tra loro, un lembo di terra di circa due metri largo (scanniedd') per tutta la lunghezza del fondo. Diventava così un forsennato susseguirsi di colpi di zappa per non perdere la distanza prestabilita con gli zappatori vicini. La sera si può immaginare la stanchezza che sentissero i contadini con la felicità del padrone che aveva risparmiato tempo e denaro.
Molto bella, prossimamente su Pietro Gatti blog... e perchè no?
RispondiEliminaBuona domenica!
Giacomo
Molto bella...
RispondiEliminaPensa che anch'io ho riportato una poesia in dialetto sulla mia terra nel mio blog..
C'è una differenza tra dialettale e dialetto che un amico mi ha specificato...
La tua è una poesia in dialetto....ed è molto meglio!!!!:))))
Un caro saluto.
D.
Complimenti Pino!
RispondiEliminaMolto bella.
Buona domenica.
dg
Una bella poesia con una nota molto interessante.
RispondiEliminal'espressione "setecasciurge" e la sua spiegazione ben rappresenta la situazione terribile e senza uscita in cui si trovavano, i nostri nonni e i nostri padri contadini, di fronte alla grettezza della piccolissima borghesia locale: la via d'uscita quasi obbligata è stata l'emigrazione
RispondiEliminaBellissima Pino, scritta con il cuore, metti una bella cornice fatta da te e spediscila a Roma sei ancora nei termini.
RispondiEliminaGrazie per gli incoraggiamenti. Per evidenziare la durezza della vita attuale per molte categorie, ancora sfruttate senza scrupoli, ho voluto usare metafore estrapolate da esperienze vissute ai tempi di mio padre e mio nonno.
RispondiEliminaPer uscire da quelle situazioni di tanto lavoro ma anche di tanta fame, i nostri contadini sono andati a finire anche nelle miniere del Belgio dove molti di loro hanno lasciato la vita, se non subito nei disastri tipo Marcinelle, dopo anni con complicazioni alle vie respiratorie.
Si consideri – per un attimo – quell’“arcaico”, brutale mercimonio di carne, quel “remoto” «mercato delle braccia» in auge sulla piazza del paese. Alzando gli occhi dalla pagina, lo ritroviamo in città, appena ripulito dalla grinta feroce dei caporali, ma ben legalizzato lungo i mille rivoli del lavoro interinale.
RispondiEliminahttp://www.carmillaonline.com/archives/2009/02/002940.html
Un caro saluto. Stasera è tutto lento,preferisco andare a sognare;)ciao
RispondiEliminal'ho letta tutt'un fiato ed è davvero pregna di sentimento. bellissimi versi, bravo Pino.
RispondiEliminaBella la doppia lettura.
RispondiElimina