Bella e semplice la serata alla Casina Vitale con la manifestazione de “I luoghi d'allerta” Voglio soffermarmi, però, sul momento toccante, con qualche attimo di commozione da parte di Viviana, figlia di Pietro Gatti, nel ricordare alcuni periodi della vita del padre.
Frequenta il seminario a Barletta e poi a Molfetta, ma lo ricorda come un periodo triste essendo, da spirito libero, poco incline alle regole e insofferente alla vita di comunità. Metteva tutto in discussione anche principi religiosi, fino a passare per eretico e luterano. Perduta completamente la fede uscì molto deluso dal seminario. Frequentò per un anno le scuole liceali a Martina poi, per le difficoltà nella frequenza, da privatista si diplomò alle Magistrali. A prepararlo agli esami fu una professoressa di Filosofia di Lecce. Finita la preparazione la professoressa, intuite le notevoli qualità dell'allievo lo licenziò dicendogli: “Ci rivediamo quando sarai Ministro”. Poco incline ai compromessi preferì non intraprendere mai la carriera politica scegliendo una vita tranquilla. Nel 1932 partecipa ad un concorso, che vinse, per un posto al Comune di Ceglie Messapica, arrivando all'incarico di vicesegretario. Visse il periodo del fascismo con insofferenza ma non si espose dato l'incarico pubblico che ricopriva. Si iscrisse, nel periodo postfascista, al Partito Comunista, ma si allontanò perché si trattava comunque di un altro partito dal pensiero unico e, per lui che metteva tutto in discussione, non erano accettabili imposizioni dogmatiche. Sposò una donna religiosissima e iscritta all'Azione Cattolica ma, dimostrando di rispettare anche le idee che non condivideva non ostacolò mai le sue convinzioni e le assidue frequentazioni della chiesa. Sia nei confronti della moglie che della figlia precorse i tempi dimostrando, diversi anni prima del movimento, di essere un femminista convinto.
Leggeva moltissimo e di tutto. La sua libreria era enorme a tal punto che, in seguito, molti suoi libri sono stati donati alla biblioteca comunale e alla biblioteca del Liceo Classico. Parecchie sere, alla moglie recitava versi della Divina Commedia.
La passione per la poesia, o la possibilità di potersi interessare è incominciata quando andò in pensione. Si ritirò definitivamente in campagna a contatto diretto con la natura. Scrisse alcune poesie in dialetto e le fece leggere ad un amico fidato che insegnava a Lecce per un giudizio disinteressato. L'amico notò le poesie e le fece leggere ad altri professori tra cui Donato Valli. I tre si accorsero di trovarsi di fronte ad un Poeta di alto livello e cominciarono a presentarlo e a recensire i suoi lavori. Fu un periodo prolifico nella sua creatività, da “A terra meje” dedicata alla sua terra, “Nu viecchju diarie d’amore” scritto in occasione del matrimonio della figlia, “Nguna vite “ scritta come omaggio all'ellenico Leonida di Taranto, fino a sfociare nell'opera “A seconda venute”, la cui idea nacque da un'imaginetta religiosa donatagli durante un matrimonio e recante un verso del Vangelo: “ Signore rimani ancora con noi”. Fu colpito da un'ictus devastante che gli impedì i movimenti, lasciandogli lucida la mente. In seguito si accorse di non riuscire più a leggere anche se vedeva bene. L'ictus gli aveva tolto la capacità di interpretare le lettere. Quella fu la morte per chi non sapeva privarsi giornalmente della lettura di un buon libro. Ogni sera si addormentava con un libro sotto il cuscino o sul comodino. Lo accarezzava, lo baciava lo amava anche se il contenuto, ormai gli era oscuro.