Qualche assessore mi aveva garantito che sarebbero stati inseriti nel programma di recupero.
Spero non rimanga solo una promessa!!!
"vota il miglior sito comunale"
Ricevo questa segnalazione dall'amica Maria Grazia e volentieri contribuisco per questa nobile causa.
Bisogna fare in fretta, la piccola Letizia non può aspettare. Letizia è una bambina di quattro anni (è nata il 31 luglio 2003) affetta da leucodistrofia matacromatica, una patologia degenerativa che fa perdere progressivamente al bambino colpito le funzioni vitali come il camminare, il parlare, la vista, l’udito e le facoltà cognitive fino a spegnersi in uno stato vegetativo e il successivo decesso.
Mediante la rete informatica la famiglia di Letizia scopre che a Camden (New Jersey) una ricercatrice italiana, la Dr.ssa Paola Leone ha messo a punto una terapia genica sperimentale che potrebbe bloccare le conseguenze degenerative di questa malattia. La ricercatrice si conferma disponibile a mettere a parte dei suoi studi anche Letizia a patto che dal Gaslini di Genova giungano a disposizione i risultati degli esami della Dr.ssa Di Rocco che sono fondamentali per stabilire la terapia genica e i dosaggi relativi.
Ora è fondamentale raccogliere i fondi necessari alla famiglia per poter curare la piccola Letizia, la famiglia è un gruppo di amici hanno fondato un comitato con lo scopo di raccogliere il denaro necessario.
Anche una piccola somma è decisiva.
sul sito trovate il contocorrente, o altro per creare iniziative a sostegno della raccolta fondi ed i banner da inserire sui siti e sui blog
LA MADONNA DELLA GROTTA
(Chiesa rurale)
E' una delle più importanti opere romaniche ancora esistenti in Puglia. E' una chiesa rurale di un certo rilievo nel territorio metropolitano, ma in completo stato di abbandono.
Ora è divisa in due ambienti ed adibita, la parte anteriore a porcile e quella posteriore a stalla (Antonio Chionna, Gli insediamenti rupestri della provincia di Brindisi, Fasano 2001, p.36) per animali vaccini.
La chiesa (contemporanea a quella di Sant'Anna) è da datare intorno al IX secolo, fu ristrutturata nel '300 dall'architetto Domenico de Juliano. Nel corso dei secoli però ha subito vari rimaneggiamenti. La facciata termina con un campanile a vela molto simile alla chiesa della Santissima Annunziata situata nel Borgo medioevale della città.
Sui muri, scampoli di affreschi raffiguranti due santi monaci, sopravvissuti ai secoli ed all'uomo, di epoca piuttosto tarda. Molto rovinato appare l'affresco di una Madonna col Bambino.
Le pareti della chiesa sono alte e snelle, interrotte dal vecchio portale e dall'ampio rosone, del quale rimane la ghiera esterna e nessun elemento della raggiera (G. Scatigna Minghetti, Vestigia di icone sacre a Ceglie Messapica, Ceglie Messapica, 1965, p.10-11).
Nel 1597, il rev. Don Paladino Nisi, procuratore generale del Capitolo di Ceglie, stipulò un contratto con "mastro Vito Michele di Martina" per la "costruzione di quattro Cappelle" in quella chiesa.
Le Cappelle dovevano essere "due per parte incominciando davanti la porta maggiore con due arcate e che detti archi devono venire di palmi 16" (ASBr., Notaio Stefano Matera, a.1597, C.24.INV.III.B.3.1.II.1; idem, a.1597, C.18.INV.III.B.3.1.II.1; G.Scatigna Minghetti, Vestigia….cit., p.10-11).
A titolo di cronaca, don Paladino Nisi, nel 1606, a seguito delle dimissioni dalla carica di Arciprete di suo zio don Lorenzo Nisi nelle mani di Papa Paolo V (Camillo Borghese di Roma, fu Papa dal 16 maggio 1605 al 28 gennaio 1621), fu nominato dallo stesso Papa Arciprete della chiesa Collegiata dell'Assunzione della Terra di Ceglie. Egli prese possesso pertanto della carica il 22 marzo 1606, mediante lettura (della lettera di nomina) fatta ad alta voce nel corso della Messa solenne, con grande concorso di pubblico e mediante affissione dell'atto notarile alla porta principale della chiesa (ASBr., Notaio Stefano Matera).
……Era antica consuetudine che, nel primo giovedì di Pasqua di Resurrezione, il Comune festeggiasse la ricorrenza della Madonna della Grotta. Nell'occasione il Re concedeva la franchigia per il mercoledì e il giovedì e gli otto giorni successivi per un totale di dieci giorni….(ASBr., Platea di San Domenico……a. 1744, p.359).
Perché le Autorità civili e religiose cittadine non ripropongono quella ricorrenza? Sarebbe una delle festività più antiche del Salento.
L'Arciprete Donato Maria Lombardi, nel 1748, rispondendo ad un questionario in preparazione ad una Visita Pastorale che di lì a poco il Vescovo di Oria, Mons Castrese Scaja (1746 - 1755) avrebbe fatto afferma che, tra le altre feste che si solennizzano a Ceglie vi è quella della Beatissima Vergine Maria sotto il titolo di Madonna della Grotta, che si è osservata ab immemorabili e si sollenizza nel primo giovedì dopo Pasqua di Resurrezione, senza però l'ufficio proprio per l'Ottava eccettuata (don Gianfranco Gallone, La Chiesa e la devozione di San Rocco a Ceglie prima del '900, in E' ancora l'alba, Oria 1999, p.54).
A questa festa di origine bizantina certamente partecipava tutta la popolazione cegliese. Era una festa tutta campestre; e facendosi nel maggio, mese sacro a Maria pareva che anche la natura con le tante bellezze della sua primavera concorresse a festeggiare la Rosa sempiterna del paradiso.
Quasi tutti i preti vi andavano quel giorno; e dopo una messa solenne e cantata, ciascuno alla sua volta celebrava la sua sull'unico benedetto Altare.
E i cittadini d'ogni ceto vi si recavano pure in gran numero; taluni da pedoni talaltri (sic) montando curiose e bizzarre cavalcature; chi da solo, chi in compagnia della sua famigliola e chi con amici.
Ascoltata entro la grotta la Santa Messa, a frotte a fronte (sic) si versavano poi tutti nell'aperta campagna, a scorazzare con insolita allegria (Rocco Antelmy fu Achille, Ceglie Messapica, Accenni sulla sua antichità, Oria s.d., p.99).
Se la ricorrenza si festeggiava il primo giovedì di Pasqua di Resurrezione, non poteva essere il mese di maggio come afferma Rocco Antelmy.
Ai religiosi che dimorarono nei monasteri, sono da aggiungersi quelli che vivevano nelle campagne, eremiti e anacoreti. A volte costoro vivevano in rozze grotte isolate, o formavano delle "laure". Ogni "laura" era un gruppo di molti abituri o cellette nello stesso sito aspro e deserto. In ciascuno di questi abituri viveva ritirato, senza conversare con altri, un eremita o un anacoreta. Solo il sabato o la domenica gli eremiti che appartenevano alla stessa "laura", si riunivano nella cripta o cappella, per assistere alla Messa e all'Eucaristia.
Nel IX secolo in Puglia molti monasteri furono distrutti dalle incursioni saracene. I Principi normanni aiutarono gli eremiti ricostruendo molti monasteri già distrutti e molti altri ne costruirono di nuovo.
La specchia è situata ad ovest del centro abitato di Ceglie a mt. 345 sul livello del mare. Si raggiunge percorrendo per circa 800 mt. la via di Fedele Grande ed a man destra la strada comunale che conduce all’omonima masseria. E’ distante circa 3 km. dal centro abitato. Non è citata dal Galateo, dal De Giorgi, dal Teofilato, dal Palumbo e di conseguenza neppure dal Neglia; è segnalata per la prima volta nel 1975 da Quilici-Gigli nel Repertorio dei beni culturali archeologici della provincia di Brindisi. Agli inizi degli anni 80 un atto vandalico sventrava la specchia forse meglio conservata di Ceglie per dare spazio ad una vasca di sollevamento con cui avrebbe potuto tranquillamente convivere. La specchia ha forma tronco-conica ed è costituita da due cortine inclinate verso l’interno, la prima è dell’altezza di mt. 2.60, la seconda ed ultima dell’altezza di mt. 1.20. I monumento gode di una vista e di una posizione geografica e strategica eccezionali pur non essendo molto alta; le dimensioni ridotte hanno una ragione: come le specchie Facciasquata e Montepelusello, rispettivamente di mt 310 e 410 sul livello del mare, non ha bisogno di elevarsi troppo in altezza per adempiere alla sua funzione. Dall’alto era visibile la specchia Facciasquata prima che una pineta la obliterasse, e sono visibili, ancora oggi, Masseria San Pietro ed il centro abitato di Ceglie. Nella specchia, a partire dalla base, si incassano quattro scale di accesso con misure identiche: primo ed ultimo gradino mt. 0.58 gradini centrali mt. 0.65, segno dell’intenzione dei costruttori di usare blocchi della stessa misura per la costruzione delle quattro scale poste rispettivamente ad ovest, di fronte al viottolo di accesso, a nord-est a sud-est ed a nord. Tracce evidenti di scale incassate si trovano anche nelle specchie Capece e Sativa.